se trabacassi a little corn island…

Da Managua in autobus a El Rama: il bus “espresso” invece che impiegarci 4 ore ce ne mette 8. Tra deviazioni, traffico pesante, avarie e camion pieni di vacche, ad un certo punto ci ritroviamo a fare manovra nel bel mezzo di un campo di grano. Di notte giungiamo a El Rama, da qui la mattina seguente una panga percorrerà liscia il Rio Escondido fino a giungere a Bluefields. Come i pirati inglesi solevano navigare, impavidi, le acque caraibiche, anche noi ci imbattiamo in questa avventura…per poi vomitare, io altre decine di passeggeri, vergognosamente, la cena della sera prima, nelle acque azzurre alle porte delle Corn Islands. Sbarcati alla Great Corn, ho infatti scongiurato Carlo di zittirmi e di non ascoltare, una volta sulla via del ritorno, i miei scontati e deliranti tentativi di tornare a ripetere una navigazione di 5 ore con un mare così poco benevolo. Carlo ha promesso ovviamente di non ascoltarmi. Dall’isola grande ci lanciamo sulla Little nel giro di poco e qui troviamo i Caraibi, quelli veri davvero, con tanto di palma, acqua cristallina, sabbia bianca, cocchi, piedi nudi, senza auto e senza motorini. Non pensavamo fosse possibile avere tanto ben di Dio per quindici lunghi giorni e a basso costo. Non sono mancate neppure le immersioni e lo snorkelling con avvitamenti di squali nutrici, mante giganti, forse anche di squali martello, ma su questo ancora nutriamo seri dubbi. La mia immersione ha sofferto di una visibilità, diciamo quasi nulla, data la nebbia da Val Padana tra me e la mia maschera, mentre Carlo, nella sua seconda immersione, si è accompagnato a un gruppo di gringo/tedeschi che, malgrado la visibilità nitidamente compromessa dalle mareggiate dei giorni precendenti, hanno sostenuto di aver visto uno squalo martello gigante, quando forse sono riusciti a vederne solo mezza pinna. Quanto imbrogliano pur di poter gridare “ AMAZING!!!!” e battere un “Give me five!!!In tutto questo Carlo secondo voi ha visto qualcosa?al limite ne avrà visti due!! Cosa c’è di meglio del terminare un’immersione, passeggiando sulla spiaggia e fermare un ragazzino che ti vende un mini calzone ripieno di carne trita leggermente piccante o cenare con una zuppa tipica del posto, il rondown e birretta a nastro… Pero’ di Little Corn due cose ci hanno amareggiato: lo stato catatonico dei suoi abitanti e un triste furto. Il furto lo avevamo messo in conto un giorno all’altro , ma non proprio qui; anche se a pensarci, dato che lo stato ameboide degli isolani, quelli afro, è forse riconducibile ad un uso un tantino eccessivo di crack (tanto che i cani, sentendo l’odore della fumata recente, abbaiano solo al loro passaggio!) il furto non arriva così inaspettato. Ovviamente mentre due persone normali tenderebbero ancora di più al risparmio, Carlo e io esorcizziamo la tristezza andando fuori a cena in un ristorantino ben fatto, dove, in una sera di pioggia incessante, può capitare di sentire con la coda dell’orecchio un cliente abituale “beh claro aora non sto trabacando, però se trabacassi…” e credo non ci sarebbero dubbi sulla provenienza di chi sta parlando e sul tipo di ristorante in questione. Arrivati oltre la metà del nostro viaggio possiamo dire, infatti, di non aver mai visto una concentrazione così alta di italiani, seppur pochi, in uno spazio così piccolo come le Corn Island. Incontriamo Umberto, ex gestore del mitico Dolce Vita di Firenze, che ritiratosi qui da un paio di anni con la sua compagna, ha aperto il Cafè Desideri, dove genialmente serve caffè direttamente dalla Bialetti. Da buon Italiano ci invita ad una cena informale in giorno di chiusura e ci ritroviamo allo stesso tavolo con Andrea, il congiuntivista di cui sopra, e la compagna canadese di Umberto; ci beviamo allegramente le loro pantomime rispetto alla degenerazione edilizia che forse andrà a subire Little nei prossimi cinque anni. Chi vincerà la scommessa? Umberto, il borghese abruzzese, che sostiene che non succederà nulla di sconcertante giusto un pochino di cemento in più? oppure Andrea, il toscano dalle pezze al culo e antiglobista, che al momento deve ancora pagare 18 rum al “povero” Umberto, che si prefigura una Little Corn in stile Playa del Carmen? Noi siamo stati eletti giudici della querelle , ripromettendoci di ritornare e valutare tra cinque anni, ma varrebbe la pena fare una capatina ogni anno tra una lasagna, uno squalo e un negroni. Ma gli incontri italiani continuano a Great Corn. Anticipato di un giorno il rientro verso la costa per poter andare alla polizia a denunciare il furto (arrivati alla stazione un agente dorme in bilico sulla sedia e l’altro penzolante guarda la tv ad un volume assordante), otteniamo la denuncia cartacea, malgrado la poliziotta, alzando gli occhi al cielo, dubiti quasi della nostra versione. Sappiamo da altri turisti italiani di altri posti gestiti da connazionali. Ci fermiamo al Buena Vista di Teresa e Giorgio, due milanesotti di 64 e 70 anni, un filino troppo razzisti per i nostri gusti. Teresa ci racconta dei suoi tè del pomeriggio con l’erede del vero Capitan Morgan, che ha scambiato gli ultimi tesori di famiglia con una tv al plasma e l’aria condizionata. Tra un aneddoto e l’altro guardiamo la mappa di Great Corn Island e osserviamo, per la prima volta, che il perimetro dell’isola ricalca esattamente il profilo di un teschio…questa è proprio l’isola dei pirati!

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4 Comments

sera

May 21st, 2012

Bella storia raga, ma sapete perché il teschio guarda il continente e non il mare?
genna

Pandiario

May 21st, 2012

no! perche? tu lo sai? ma sai tutto? chi sei grillo?

sera

May 22nd, 2012

non sono Grillo, ma ce l’ho il grillo! Non lo so, ma mi sembrava una cosa da sapere…

Pandiario

May 23rd, 2012

Quindi????

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