Costa Ricco mi ci ficco

Alle 17:00 in punto, dopo aver risalito, in continua sudorazione, il RioFrio, il fiume dal nome che inganna, ci “ficchiamo” in Costa Rica; per ora la differenza col Nica sta solo nella bandiera.

Passiamo agevolmente il controllo della “migrazione”, scambiamo le ultime Cordoba rimaste da un tizio meno losco del solito e prendiamo il primo pullman per La Fortuna…ormai è buio. Il viaggio liscio, silenzioso, educato, ci butta alle spalle immediatamente tutto il “calore” inca… sembra quasi di essere tornati in tangenziale est.

A “La Fortuna” siamo un po’ sfigati, ci tiriamo dietro qualche malanno e dobbiamo fermarci in ostello per 4 giorni. Il Volcàn Arenal svetta fumante in terrazza, ma ci sentiamo pezzenti nelle terme naturali gratuite sotto un ponte di campagna quando tutto intorno a noi è fatto di alberghi a M5 stelle, SPA dai giardini precisetti, cartelli con “tour” da 90 dollari; meglio stare in camera a curarci e  seguire con molta curiosità le elezioni parmigiane di Pizzarotti! Ci sentiamo un po’ imbrigliati da quelle che vorrebbero essere tentazioni, ma a cui in fin dei conti rinunciamo volentieri, ma un lusso ce lo concediamo  affittando una Yaris con cambio automatico per una settimana, per scorrazzare liberi per il paese.

Dentro una pioggia continua intravediamo, tra le nuvole, il Lago Arenal; sorpassiamo un caffè da 2,60 dollari e ci ritroviamo più o meno senza saperlo su una strada sterrata dove rischiamo di devastare la piccola giapponese… le vecchie abitudini Alaskesi non si perdono mai! Arriviamo a sera a Monteverde, una zona dal nome eloquente. La mattina ripartiamo dalle montagne verdi e piovose con una mozzarella fresca in saccoccia, diretti al facile facile e impressionante Volcàn Poàs, al cui cratere praticamente si arriva in macchina. Pernottiamo ad Alajiuela da un cul-turista catalano e l’indomani ripartiamo come ci piace a noi verso Sud!

Guidiamo fluidi sulla Panamericana, il Costa Rica dalla macchina sembra un giardino perfetto: pratini verdi, montagne verdi, foreste verdi, fiori felici, non un filo di spazzatura, una baracca, anche le vacche sono più fighette.

A sud, il Parco del Corcovado è un’autentica perla, enorme, selvaggio, incontaminato, fuori dalle rotte della massa obesa di turismo alla “gringolandia”, qui c’è da camminare e sudare parecchio! Noi optiamo per arrivare più all’interno possibile dalla costa: arrivanti a Carate chiedo gentilmente al canadese che sembra darti il benvenuto, se posso usufruire umilmente del suo bagno, ma evidentemente scocciato mi manda via, non riuscendo io a trattenermi oltre, gli caco, “discreto”, al lato del viottolo, da lì ne consegue una grottesca baruffa con insulti, diti medi, minacciose riprese con tanto di telecamera da parte della moglie, ma meno male che Serafina mi trascina fuori dalla proprietà perché già ero culo e pisello al vento in segno di civile disapprovazione… parlando coi Ranger più tardi ci confermano che il Canadese lo vorrebbero morto in tanti locali e prima o poi lo faranno fuori, dato l’atteggiamento alquanto ostile verso tutti (in uno dei posti più belli e pacifici del mondo oltretutto)…anyway… camminiamo lungo una spiaggia da urlo infinito con Are Scarlatte (pappagalli rossi) che ci sorvolano in coppia, per poi entrare nella giungla tra scimmie urlatrici,  scimmie cappuccine, “Jesus Christ Lizard” (non solo Gesù Cristo camminava sull’acqua), serpenti, granchi bicolor, lucertole giganti. Torniamo in giornata, sarebbe veramente stupendo passare qualche giorno dormendo nel bel mezzo della Riserva ma non possiamo sostenerlo fisicamente per il momento! Mannaggia.

Risaliamo di nuovo la Panamericana verso Nord, lungo la costa, e facciamo tappa al Parque Nacional Ballena, dalla struggente spiaggia a forma di coda di megattera. Al Parque Manuel Antonio, stupende spiagge ma troppo piene di animali ormai avvezzi alla disumanità umana(turisti, scimmie giullari, turisti-scimmie, procioni che giustamente se ti distrai un attimo ti aprono lo zaino e ti fottono tutto, lentissimi bradipi…)

Tagliamo verso l’interno per il passo della panamericana più alto di tutti (3400 metri) al Parque Nacional de los Quetzales, facciamo prendere aria ai vestiti più pesanti, da mesi stropicciati sul fondo dello zaino, avvistiamo un rarissimo e porta fortuna quetzal verde smeraldo e ce ne ripartiamo per San Josè a restituire l’auto; a sera siamo già arrivati in bus a Manzanillo sulla costa caraibica, a pochi kilometri da Panama.

 

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2 Comments

sera

June 26th, 2012

ciao,buone le hormigas culonas????un bacio.lucia.

Pandiario

June 27th, 2012

Buone proprio no! Ma portano bene le mangeremo ad ogni partita dell’italia!

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