sputi divini a Puerto Angel

Mentre scriviamo, una vecchia iguana sbiadita mi passa tra i piedi, lenta come i suoi connazionali messicani.

Siamo a Puerto Angel, Oaxaca, qui a playa Pantheon, si può fare il bagno in tutta tranquillità tra un accenno di barriera corallina, a pochi chilometri dalle pericolosissime onde da surfisti…Andiamo a visitare le altra baie in lancia: la Boquilla, Estacauite, Mina… di ritorno il barcaiolo mezzo ubriaco e fumato ci promette con grande passione di portarci da Doña Petra, curandera della zona. All’appuntamento il ragazzo non si presenta e quando lo incrociamo a dir poco si ricordava chi fossimo. Lo prendiamo come un segnale del destino, che qualcos’altro arriverà…

Qui a Puerto Angel ora ci sono due chiese cattoliche tradizionali e una dozzina di congregazioni collaterali, Testimoni di Geova, evangelisti, mormoni, buffoni… Si tratta di un pueblito di pescatori, quelli veri, che in teoria non possono più pescare le tartarughe e che dall’anno prossimo non potranno pescare più neanche gli squali…poverini, gli squali. Sono di quelli che vanno in mare a 8 anni che partono di notte e non sanno mai se faranno ritorno il giorno seguente. Cerchiamo di capire la ragione per cui ci siamo fermati proprio qui.

Per pura casualità dopo un’ennesima disfatta culinaria troviamo, nascosto, il ristorante Beto, dove ci aspetta una romantica terrazza tutta per noi. La Señora Teresa, come una nonna, ci prepara con amorevole cura, tutto quello che vogliamo, crema di cipolle, verdure al vapore, riso, gamberi, margarita.

Beto, il figlio parla. Finalmente un messicano che parla e racconta offrendoci mezcal. Ne approfittiamo per chiedergli una valanga di curiosità che da qualche settimana ci attanagliano.

Perchè i messicani fanno il bagno con i vestiti? Perchè molti sembrano lenti, diffidenti e piustosto scostanti? Perchè alcuni gridano in uno slang che non si capisce un cazzo? Per chi hai votato?e alter centinaia di elugubrazioni.

Il dibattito si protrae per qualche giorno, quando puntualmente andiamo a cena. Beto balbetta e ride un sacco, ma le risposte arrivano finalmente attendibili.

Per farci capire il suo Messico ci racconta una storia: in origine c’era una sola chiesa a Puerto Angel, con il suo Angelo. Un uragano si portò via il tetto e per la ristrutturazione si fece avanti un società di facoltosi messicani che avrebbero voluto trasformare la chiesa in una discoteca. La comunità dei fedeli si divise in due: quelli conservatori guidati da Beto volevano mantenere la chiesa, l’altra frangia, più avida, si sarebbe accontentata di mettere l’Angelo sotto una capanna e vendere la chiesa.

Litigarono tanto da arrivare alle mani, e una notte, l’Angelo fu sequestrato dagli avidi e messo sotto una capanna. La discoteca non si fece più. Ad oggi le due parti non hanno trovato un accordo e Puerto Angel ha un Angelo senza chiesa e una chiesa senza Angelo a pochi metri di distanza.

Tra le nostre chiacchiere in sordina, uscendo dalla cucina, si palesa lo Zio Silvino, “curandero” di famiglia.

Non perdiamo l’occasione dopo ogni pasto di una piccola lezione di hierba terapia e di sette lavaggi spirituali per Carlo, il leso. La tradizione a cui fa riferimento zio Silvino è mizteca, etnia indigena della provincia di Guerrero, vicino a Pinotepa Nacional. I tre vengono da qui e amano poco Puerto Angel, perchè gli abitanti “non credono”.

I lavaggi, a suon di frustrate al basilico, sputi al mezcal e massaggi con uovo, sembrano sortire effetti buoni e abbastanza immediati; tutto è a titolo gratuito, la gioia di Silvino sta nel condividere con noi e trasmetterci il suo sapere, non possiamo che essergli grati.

Ci salutiamo con la promessa di aggiornamenti su salute e viaggio. Un taxi collettivo ci porta a Pochutla, cittadina poco distante, che, malgrando la Lonely Planet, come al suo solito, non colga nel segno e la descrive come un nodo di trasporti inutile, in realtà merita un po’ di attenzione.

Meriterebbe invece di ancora più tempo la bellissima Tehuantepec, nell’Istmo, la parte più stretta del Messico, un altro Messico. Zero turisti, un continuo suono di clacson, manifestazioni, colori, odori, gentilezze, sorrisi, disinteresse, confidenza. Una città che parla di se stessa a se stessa senza doversi mostrare agli stranieri diversa da quella che è. Tehuantepec storicamente è riuscita ad opporsi alla dominazione Azteca, come il resto dell’Istmo, e di questa resistenza, nell’aria e nelle facce si sente l’orgoglio, la serenità, la fierezza.

Tutto è a misura di messicano, no americanismi, no americani, Tehuantepec vive per sè. Alla nostra domanda “ma qui è sempre così?”, la risposta “certo è tutti i giorni così”,  non può che farci pensare allora chissà com’è quando è festa…

 

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One Comment

sera

January 24th, 2012

“Carlo, il leso.”
Fantastico.

Robba

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