chiapas su e porta a ca’

Arrivati nella capitale Tuxtla, ci imbattiamo in un tassista straccellerato che ci porta a Chiapa de Corzo, un paesino che dal 9 al 23 di gennaio vive in continua festa in onore di quasi tutti i santi del calendario in una sola volta. A parte la zona assordante e piuttosto ladrona delle giostre, che tanto assomiglia alle feste di paese che conosciamo anche noi, tutto il resto è una sfilata continua, tra il sacro e il profano, di uomini travestiti da donne (Las Chuantaes) e ragazzini con maschere che dovrebbero richiamare le fattezze dei conquistatori spagnoli (Los Parachicos, dagli occhi azzurri e i capelli biondi!). Tutto accompagnato da percussioni e flauti magici. Siamo stati al Cañón del Sumidero, una ferita che squarcia la terra fino a 800 metri di profondità, dove scorrono litri di acqua, periodicamente invasa dalla spazzatura che la pioggia convoglia qui dai vicini villaggi. La fenditura è straordinaria e il fiume ha una portata realmente energica. La diga, infatti, sembra essere fonte di elettricità per un terzo dell’intero Messico. Negli anni dell’invasione spagnola i chiapa si lanciavano dal punto più alto del Cañón, in quello che allora non era che un torrente, preferendo la morte all’arrresa. L’escursione, come al solito, non poteva non prometterci qualcosa di grottesco.Esplorando la fauna locale, ecco che da lontano (ma veramente lontano), la nostra guida avvista, con una fermezza e una ovvietà, che farebbe insospettire anche il più ingenuo dei turisti, un coccodrillo di media stazza, appollaiato su uno scoglio dietro ad un cespuglio. L’immobilismo dell’animale ha un non so che di presa per il culo…non c’è dubbio, è imbalsamato.

Non vediamo l’ora di arrivare a San Cristobal de las Casas, avamposto del movimento zapatista. Nell’entrare nella parte coloniale ci fermiamo nel primo “ostello” che non sapevamo sarebbe diventata la nostra prigione per un’intera settimana. Ebbene, in due giorni abbiamo cercato di  prendere informazioni sul movimento, di cui si hanno notizie ufficiali fino al 2006, anno delle elezioni del neofascista Presidente Calderon, che sembra aver fatto di San Cristobal il manifesto del suo perbenismo e della lotta contro le sommosse rivoluzionarie, mentre 30 km più in là, ancora i villaggi sono assediati dai militari. San Cristobal si muove tra due mondi opposti: una parvenza di pace, piuttosto patinata e un po’assonnata, dal merchandising filozapatista, contrapposta ad una una realtà di strada, più vivace, più corpulenta, più indigena. Purtroppo la città non ci ha potuto conquistare come desideravamo. Prima un’influenza, con tanto di febbre a 38, ha costretto Carlo a letto per  giorni, poi un’acqua contaminata ha sbattuto me in bagno per altri due lunghe giornate di clausura e digiuno.

Fingiamo una ripresa, pronti per rivolgerci verso Palenque, nella giungla. Mentre le rovine ci conquistano e ci fanno recuperare le energie, ci facciamo imbrogliare, quasi per l’ultima volta, da un’escursione alle cascate, cosidette, di Aqua Azul (Aqua Marron, diremmo noi!) e a quelle di Misolha. Alla fine si rivela una gita intrisa di umidità e di migliaia di inutili bancarelle che vendono magliette I ♡Chiapas.Nella giungla dormiamo in una cabaña bagnatissima, il fragore della pioggia notturna sulla lamiera del tetto, ci lascia quasi insonni e silenziosi, dato che non riusciamo a sentirci a un metro di distanza. Finalmente in silenzio dopo 5 mesi. Passano 4 giorni e ripartiamo decisi di non temporeggiare più.  La strada per Frontera Corozal è meravigliosa, e forse qui avremmo dovuto spendere i nostri giorni in Chiapas, ma piove e ormai, finalmente, il Guatemala è alle porte. L’ ultima grana con il Messico arriva dall’Ufficio Migracion. Non solo mi hanno multato una volta già in Baja California, ma mi hanno fatto pagare  per due volte il permesso turistico. Dopo aver salutato istericamente il funzionario addetto, ci allontaniamo, felici, per iniziare un nuovo viaggio.

Salutiamo con molto sollievo il Messico.

Quando arrivammo a Tijuana, quasi tre mesi fa, criticavamo Paolo Conte. Oggi capiamo cosa intendesse con “Messico e Nuvole, la faccia triste dell’America”. Abbiamo inteso che il nostro disagio, in realtà, è forse il riflesso di quello dei messicani. Un popolo immobile, pietrificato in una solitudine identitaria tra l’ipocrisia nordamaericana e la disperazione indigena (El Labirinto de la soledad di Octavio Paz).

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3 Comments

sera

February 1st, 2012

Cari che bello! Visione chiarissima di una terra che mi ha sempre incuriosita. Grazie a voi è come esserci stata. Voi, che ci regalate la memoria del non vissuto.
Basitos, LaBorghi

Pandiario

February 1st, 2012

Amica LaBorghi sappiamo di aver dato un’immagine turbolenta del messico. Questo ci è sembrato e conoscendoti sappiamo che tu avresti visto lo stesso!!

sera

February 4th, 2012

Cari Carlo e Serafina: ho passato questa ultima ora in Messico con la mente e la vista grazie al vostro reportage e adesso sento il bisogno di farvi ancora i complimenti sia per il testo scritto che per le foto che, oltre a mostrare paesaggi e località fantastiche, hanno sempre inquadrature molto originali e “diverse” dai soliti scatti. Bravi.
Ciao da Carlo Belletti

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