Il richiamo della bassa…California

Siamo in Baja California. ll passaggio dagli Usa al Messico è stato indolore: no perquisizioni, no domande, no risposte.

Certo le solite patate confiscate questa volta tra Baja Norte alla Baja Sur, non ci sorprendono più. Siamo qui da 10 giorni quasi e nessun ci ha chiesto un solo documento per verificare chi siamo e da dove veniamo. Essere italiani sembra facilitarci, in tanti simpatizzano e, sorprendentemente, alcuni raccontano di viaggi in Italia indimenticabili, noi pur fieri, non perdiamo neanche un minuto per celebrare le glorie naturalistiche del Nostro Paese, per poi subito lamentarci di quanto la crisi per noi non abbia nè un inizio nè una fine. Siamo il Paese della Crisi.

Carlo e io, varcata la frontiera, al principio, avevamo pareri discordanti: lui, paziente, un pochino sognatore, legge la scarsa accoglienza dei messicani del Norte come “vera, pura, giusta”, soprattutto se comparata alla generosità affettata e l’accoglienza dei gringos americani, per lui troppo ipocriti…io, impaziente e meno romantica, mi indurisco, mi offendo con un popolo intero, sento sarà forse più faticoso, ma su una cosa siamo d’accordo…sarà meraviglioso. L’impressione, forse troppo prematura, ma provata con prove e riprove, è che soprattutto le donne ci guardano con più durezza e si mostrano meno sensibili all’italianità, davanti a  cui si sciolgono anche i giovani militari. In fondo ha davvero ragione Carlo, tutto sa di vero e di giusto qui, me ne convinco e mi ammorbidisco anch’io, pur rimpiangendo, talvolta, il sorriso e il “How are you doing?” degli americani, che sarà pure formalità, ma a me non disturbava così tanto.

Stiamo scrivendo da un Car Wash a Loreto, io seduta dentro e Carlo che supervisiona il lavaggio manuale di un ragazzo ventenne aiutato da un muchacho di 12 anni.

Il senso della giornata lo troviamo qui. Un’americanona prima di noi, interrompe il lavaggio del suo SUV nero, perché “sufficiente così”, dà i 100 pesos dovuti e con fare sornione e  ilare, allunga 200 pesos al ragazzo come mancia: il nostro lavatore rifiuta, lei ci rimane secca e sorpresa…noi sorridiamo arresi alla terribile abitudine dei gringos di trasformare quella generosità che rimpiangevo nel loro paese con un fare  colonizzante e caritatevole.

Da nord a sud ci fermiamo a Bahìa de Los  Angeles, dove speriamo in qualche balena fuori stagione, ma torneranno incinte solo a metà dicembre, quindi ci accontentiamo di un tramonto spettacolare disturbato da una coppia di delfini che con la loro pelle argentea cercano di attirare la nostra attenzione. Per quasi tutta la Baja, attraversiamo deserti di yucche e cactus cerei sorvolati da avvoltoi. Costeggiamo mari cristallini e ci areniamo per più giorni, prima in solitudine a Punta Chivato, poi a Bahia Concepciòn (Santispac, Playa Perla, etc) che se all’alba ti si presenta placida e silenziosa, verso le 12 inizia, permalosa, a ritirare le acque e a ondeggiare con un vento forte e apparentemente tempestoso, ma nella realtà innocuo e rinfrescante. Per arrivare qui passiamo da S.Ignacio proprio il 20 novembre, dove in piazza si festeggia l’ anniversario della Rivoluzione Messicana e dove noi ci imbottiamo di dolci al dattero,  per poi sbarcare a Mulege, dove conosciamo La Casa di Pancho (così rassomigliante a Pancho Villa…), qui Yolanda mi offre per merenda un brodo di pollo con verdure per poi prepararci la cena più buona ed economica che abbiamo mangiato fin qui.  Ed ecco che durante la cena si materializza a cavallo della sua moto e con tanto del passeggero colombiano  Sebastiano (un blogger in viaggio come noi), il membro ucraino della Laguna Family, Maxim, che più efficiente del teletrasporto, è riuscito ad arrivare qui da Merced in tre giorni.

Salutiamo la famiglia Pancho con la promessa di far visita a La Paz ad una delle 6 figlie, Rosalia,dal nome della Santa matrona di Mulegè…e di Palermo.

 

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